Millenni di Calce: le prime testimonianze del suo utilizzo risalgono alla preistoria, la riscoperta, in tempi recenti, si deve alla bioedilizia e al sempre più diffuso utilizzo di materiali naturali nel settore delle costruzioni.
Vi è del magico nel cogliere un sasso dalla terra, cuocerlo e demolirlo al fuoco, render lo plastico con l'acqua, lavorarlo secondo volontà e riottenerlo solido grazie all'influsso dell'aria” così è descritto il “Ciclo della Calce”.
Lo studio esplora la trasformazione delle Case Coloniche toscane, integrando antico e moderno per soddisfare il turismo e preservare l’architettura locale.
Lo attestano i dati della ricerca e tesi di laurea in Architettura della studentessa Cristina Barreiro Guillén, nell'ambito di un programma di scambio Erasmus tra l'ENSA Paris La Villette e l'Università degli Studi di Firenze, dal titolo Préservation et Tourisme: La Casa Colonica en Toscane - Conjuguer les besoins touristiques avec la sauvegarde d’un patrimoine rural abandonné.
Gli antichi romani lo chiamavano Opus Signinum, termine latino derivante dalla città di Segni (Signa), presso Roma, dove secondo antiche fonti fu inventato. Vitruvio ne descrive la fabbricazione e l'uso, nel De Architectura libri decem per la realizzazione dell'intonaco a cocciopesto.
Dalla lavorazione della calce si ottiene il pigmento bianco detto Bianco San Giovanni, carbonato di calcio puro, derivato dalla carbonatazione della calce idrata, per prolungata esposizione all’aria e successiva macinazione.
La calce ha costituito per secoli il principale legante impiegato nella costruzione, pertanto gli impianti per la sua produzione – detti calcare o calchere – costituivano un insieme di manufatti edilizi di fondamentale importanza e hanno svolto un ruolo fondamentale nel corso dei secoli nello sviluppo dei mestieri d’arte, dell’artigianato tradizionale e nell’architettura
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