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INTONACi,
LA PELLE DEGLI EDIFICI

L’architetto svizzero Benrhard Furrer in un suo articolo pubblicato nel 2011 all’interno del volume Riuso del patrimonio architettonico* sviluppa un curioso parallelismo: descrive gli intonaci come la pelle degli edifici.
Perché spingersi a tanto? E, soprattutto, perché non dargli completamente ragione?

Una questione di pelle

La nostra pelle è composta di tre strati (epidermide, derma e ipoderma) e ha il compito di proteggere il nostro corpo dagli agenti esterni, regolarne la temperatura e l’umidità. Anche gli intonaci tradizionali, forse non a caso, sono composti di tre strati (rinzaffo, arriccio e finitura) e, analogamente alla pelle, proteggono gli edifici dagli agenti atmosferici, permettono lo scambiano umidità e hanno potere termoisolante .

Ma c’è di più: è affascinante constatare che, così come la pelle e le parti esterne del corpo determinano le caratteristiche estetiche delle persone, negli edifici gli intonaci e le finiture sono l’espressione più evidente del loro stile architettonico.

Materiali e manutenzione

Gli intonaci sono «strati di sacrificio» soggetti a invecchiamento che necessitano di interventi periodici per il mantenimento del loro aspetto estetico e delle funzionalità. Per non cancellare le tracce del passato è molto importante tuttavia conservare il più a lungo possibile i materiali originari, limitando l’invasività e l’estensione delle sostituzioni. Tali regole valgono su edifici antichi e di ogni epoca, nonostante spesso si pensi che restaurare una villa rinascimentale sia diverso rispetto a intervenire su un edificio del Dopoguerra: la deontologia del restauro non cambia, ciò che cambia sono i materiali.
La conservazione del costruito dovrebbero seguire l’esempio dei tagliandi delle automobili, cioè prevedere una manutenzione programmata, facendo uso di ricambi (malte, intonaci ecc.), per così dire, «originali».

Per secoli i materiali usati per realizzare gli intonaci, la vera pelle dell’edificio, sono stati piuttosto limitati: calce, sabbia e qualche pigmento naturale per le coloriture. Il cambiamento è iniziato alla fine dell’Ottocento quando ha fatto la sua comparsa il cemento, per divenire sempre più evidente dalla seconda metà del XX secolo con la diffusione sul mercato dei materiali sintetici. Sia il cemento che i polimeri artificiali hanno aperto nuove opportunità, ma sono stati utilizzati senza conoscerne a fondo la durabilità e il comportamento alla prova del tempo e, infine, si sono rivelati fragili e spesso incompatibili.

Per concludere

Come la pelle anche gli edifici invecchiano. Se le rughe del viso sono simbolo del tempo che passa e della vita vissuta, i segni del tempo su un edificio sono testimonianza di epoche, stili e conoscenze del passato.

Se è riconosciuto che la pelle umana ha bisogno di cura, è altrettanto importante manutenere gli intonachi degli edifici con un approccio attento e con l’obiettivo di salvaguardare tali testimonianze storiche, fondate soprattutto sull’autenticità dei materiali.


* La pelle dell’edificio storico. Valori patrimoniali e tecnici nella prassi del restauro dell’involucro  in Riuso del patrimonio architettonico, a cura di Bruno Reichlin e Bruno Pederetti, Silvana Editoriale.

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