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Serie di articoli News

STORIE DI CALCE#37
DA VENEZIA IL RACCONTO DI LUCA SCAPPIN

Con Storie di Calce raccontiamo le esperienze di clienti, appassionati e di tutti coloro che lavorano con la calce. Spunti, aneddoti e, perché no, qualche esempio delle realizzazioni che si possono fare con i nostri materiali.

In questo appuntamento, abbiamo intervistato Luca Scappin, architetto e docente presso Università IUAV di Venezia e per Ordini Professionali e Associazioni di Categoria. Da professionista, svolge attività di progettazione nel settore del restauro e di consulenza per interventi sulle superfici storiche. Collabora come professionista con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Venezia e Laguna e ha svolto un periodo di ricerca presso la Scuola Archeologica Italiana di Atene e nei cantieri di restauro dell’Acropoli.

Questa è la sua storia!

Ci racconti di lei: di cosa si occupa e quali sono i principali ambiti di interesse e ricerca negli ultimi anni.

LUCA SCAPPINFin dagli anni di studio all’università, per diventare architetto, ho indirizzato le mie ricerche verso l’approfondimento delle tecniche costruttive del passato, considerate attraverso l’impiego dei singoli materiali e nello sviluppo delle strutture tradizionali. Anche il percorso svolto per conseguire il phd in restauro si è svolto nella direzione dello studio delle tecniche dell’architettura, in particolare quella antica, e sui metodi di consolidamento dell’opera lapidea impiegati nell’ultimo secolo. Ma i filoni di ricerca principali, approfonditi anche con più assegni di ricerca, sono soprattutto quelli relativi alla tradizione costruttiva dell’architettura veneziana, che è diventata una occasione di comparazione con le pratiche edilizie di altri ambiti territoriali italiani. Perciò, in questa direzione, agli elementi costruttivi di murature in laterizio e intonaci, come interesse principale, si sono presto aggiunti gli approfondimenti relativi al legno, alle pietre e ai metalli. Per le malte e gli intonaci ho svolto anche varie sperimentazioni in collaborazione con artigiani e con i laboratori di analisi esterni e interni all’Università IUAV e all’Università di Ca’ Foscari. Sui singoli materiali della tradizione, oltre alle pubblicazioni già sviluppate negli anni, sto lavorando alla produzione di monografie specifiche poiché ritengo che siano strumenti assenti ma che possono risultare molto utili e di interesse per un vasto pubblico non solo di addetti al restauro. 

Ci parli degli intonaci veneziani e del volume ‘Conoscenza e restauro degli intonaci e delle superfici murarie esterne di Venezia. Campionature, esemplificazioni e indirizzi di intervento’ (Il Prato, 2017)?

Il libro raccoglie le ricerche dei quattro autori, quindi oltre le mie vi sono quelle di Francesco Doglioni, Angela Squassina e Francesco Trovò. I contenuti della pubblicazione costituiscono una sintesi degli studi condotti, soprattutto negli ultimi vent’anni, e si esplicitano da un lato in una proposta di lettura dei caratteri delle superfici murarie e delle finiture ad intonaco e dall’altro in un approccio alla progettazione degli interventi con criteri di indirizzo misurabili e verificabili mediante una casistica positiva realizzata nel corso degli ultimi tre decenni. Si è cercato di evidenziare come la complessità che caratterizza le superfici veneziane, composta di singolarità di fronti, va compresa e mantenuta nella sua leggibilità poiché partecipa dell’immagine d’insieme degli spazi urbani. I miei contributi sono rivolti in particolare a sottolineare che l’articolazione che gli intonaci storici testimoniano costituisce una vera e propria sintassi linguistica, che non va fraintesa o annullata con operazioni di sostituzione semplicistiche e omologanti. Le parti che ho dedicato anche al ‘saper fare’, mediante sperimentazioni concrete di verifica della riproducibilità degli intonaci del passato e delle loro forme di protezione, mira a evidenziare la possibilità di far rivivere le tecniche storiche basate sui materiali della tradizione, nelle integrazioni o nelle nuove realizzazioni, e di poter riattivare i rivestimenti sussistenti impiegando gli stessi materiali della tradizione. Credo che la divulgazione dei saperi, deducibili dallo studio delle malte e degli intonaci ancora persistenti dopo secoli di esposizione, possa far comprendere che si deve attribuire maggiore valore alle testimonianze materiche giunte sino a noi, perché basate sulle esperienze di molte generazioni di costruttori che hanno impiegato materiali compatibili con l’abitare, sostenibili e durevoli.

Come architetto e docente in discipline legate al restauro, qual è il suo pensiero sulla Calce? Possiamo considerarla un materiale “contemporaneo”?

Nei miei corsi rivolti ai professionisti del settore, in particolare architetti e artigiani, ho riscontrato che non si conoscono bene le potenzialità dell’impiego della calce, delle sue proprietà, e delle variazioni ottenibili a seconda del tipo di produzione e del tipo di tecnica di applicazione e di lavorazione degli strati. Tutte queste conoscenze e accortezze erano note alle generazioni precedenti e vanno recuperate perché la calce rimane un materiale senza tempo, sempre valido, dai molteplici impieghi. Le modifiche graduali avvenute nella struttura del cantiere e la perdita della sensibilità e responsabilità nella gestione dei materiali, a causa della diffusione dei materiali preconfezionati pronti all’uso che offrono la sicurezza delle schede tecniche, ha portato ad una ridotta attenzione al controllo della loro buona qualità ma soprattutto alla perdita del contatto vivo e reale con i materiali di base della tradizione, di cui non si sanno più riconoscere le diverse proprietà. In molti operatori odierni vi è una diffidenza verso i materiali tradizionali poiché l’uso di servirsi di prodotti prefabbricati, facili da applicare, e la standardizzazione dei metodi lavorativi ha fatto perdere il fascino della creatività artigianale implicita nelle lavorazioni legate ai manufatti storici, generando anche una distanza tra generazioni più giovani e meno giovani. Perciò il recupero delle tecniche e dei materiali del passato può rivitalizzare il settore artigianale, che è in forte crisi, stimolando lo spirito creativo che è alla base della passione dei mestieri dedicati alla prassi del restauro.
In questo processo di recupero delle tradizioni la calce può nuovamente acquisire il ruolo che ha sempre avuto di materiale eletto per l’architettura, in tutte le sue componenti. Dal punto di vista dei rivestimenti esterni si può affermare che la calce invecchia bene, dolcemente, può venire erosa solo a partire dalla superficie, segue la vita degli edifici storici e non evidenzia distacchi e forme di degrado irreversibili perché può essere rivitalizzata e rigenerata, arricchendola di idrossido di calcio, e può essere protetta con prodotti naturali come saponi, oli e cere.

Può raccontarci della sua partecipazione al Forum Italiano Calce?

Negli anni in cui svolgevo le mie ricerche sugli intonaci esterni, per la pubblicazione uscita nel 2017, l’incontro con i soci del Forum Calce, attraverso la mia partecipazione ai convegni, purtroppo solamente tra il 2013 e il 2016, è stato fondamentale per avere uno scambio proficuo di conoscenze ed esperienze. La passione verso i materiali e le tecniche del passato e la ricerca di nuove prestazioni costituiva un elemento di condivisione che permetteva di costruire una rete di relazioni a livello nazionale e internazionale. Il sito web del Forum Calce ha costituito un punto di aggiornamento e divulgazione fondamentale, e le attuali proposte dei corsi e delle schede sui materiali ritengo siano ancora un punto di riferimento e di scambio per far ripartire un approccio amichevole con i materiali della tradizione e con i loro miglioramenti sostenibili, che coinvolgono altri materiali naturali. Ritengo che l’impegno profuso per l’organizzazione dei convegni annuali, tra il 2008 e il 2016, ha avuto il grande merito di coinvolgere un vasto pubblico e creare una rete sul territorio nazionale, e questo porta a pensare che questi incontri andrebbero riproposti, anche se mi rendo conto che richiedono un notevole sforzo economico e organizzativo.

Muratura con integrazioni nei giunti poi protetta con acqua di calce e acqua saponata
Marmorino su cocciopesto storico, integrato nel fondo poi velato con impasto di marmorino diluito
Intonaco in sabbia storico, residuo di regalzier, velato con impasto in sabbia e calce diluito
STORIE DI CALCE | Luca Scappin
Campioni di intonaci tradizionali con materiali, lavorazioni superficiali e protettivi diversi
STORIE DI CALCE | Luca Scappin
Intonaco in sabbia integrato con impasto simile in sottofilo
Marmorino su cocciopesto storico con lacune e picchettature, integrato con velatura omogenea a marmorino diluito
Marmorino storico consolidato con 5 mani di acqua di calce e protetto con 1 mano di acqua saponata
STORIE DI CALCE | Luca ScappinSTORIE DI CALCE | Luca Scappin

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